2021



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Le fotografie

– La copertina di una pubblicazione sull'Alluvione del 1966 vista dalla SS. Annunziata di Firenze.

– L’articolo sul p. Eugenio Casalini stampato in Toscana Oggi del 5 giugno 2021.

– La Guida della SS. Annunziata nell’ultima edizione.

– Padre Eugenio in una foto di gioventù.

– Alcune sue pubblicazioni sul chiostro Grande della SS. Annunziata e sul chiostro come metafora della vita comune dei Servi di Maria.


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«I Guadagni a Santa Maria dei Servi (secolo XIV)»


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EUGENIO M. CASALINI
nel decennale della morte (5 giugno 2011)


Il 5 giugno 2021, Toscana Oggi nelle pagine di Firenze ha pubblicato il ricordo del p. Eugenio M. Casalini nel decennale della morte.

“L’ANNIVERSARIO. Dieci anni fa moriva
il religioso dei Servi di Maria

Padre Eugenio M. Casalini il frate che amava la storia della Santissima Annunziata

«Dieci anni fa, il 5 giugno 2011, moriva a 88 anni il p. Eugenio Nilo Casalini religioso della SS. Annunziata di Firenze. Era nato nel 1923 a Siena, città dove aveva trascorso l’infanzia e della quale spesso rammentava il Palio dei ragazzi giocato in strada simulando le contrade con modeste palline di stoffa colorata.
Nel 1939, adolescente, entrò nell’Ordine dei Servi di Maria, seguendo nella vocazione il fratello maggiore Rio Girolamo. Dimorò dapprima nel convento di Montesenario – noviziato della Provincia –, e poi in quello dei Sette Santi Fondatori nel viale dei Mille di Firenze, dove compì gli studi liceali e del corso filosofico.
Attraversò gli anni difficili della guerra soffrendo enormi difficoltà e la fame anche nella vita conventuale. Continuò però a studiare e professò nell’Ordine con i voti solenni nel 1944. Successivamente fu invitato a seguire il corso di laurea in Teologia a Roma ma preferì ricevere l’ordine sacerdotale nel 1947 e rientrare nella Provincia dei Servi di Toscana. Visse prima nel convento della Poggerina (Figline Valdarno) e dal 1950, a seguito della partenza del fratello p. Girolamo per le missioni del Swaziland (Sudafrica), definitivamente alla SS. Annunziata di Firenze.
Iniziò da allora il suo grande percorso di apprendimento e di devozione verso il Santuario e la Santa Immagine. Ma non dimenticò i doveri del sacerdozio e della religione. La sua pietà si espresse nell’impegno del confessionale, in cui fu molto apprezzato, nella liturgia e nell’insegnamento ai giovani nel Collegio Sant’Alessio Falconieri di Roma. Nel convento fiorentino ricoprì le cariche di priore, economo e archivista, appoggiato nelle scelte e nei programmi dal confratello e amico p. Gabriele M. Alessandrini.
Coltivò anche una grande passione per l’arte e seguì già negli anni Cinquanta le lezioni all’Università del professor Roberto Longhi, allievo del Berenson. Negli studi ebbe l’intelligenza dello storico cosciente del valore delle vicende del suo convento e dell’Ordine e sentì forte il desiderio di valorizzarne i monumenti, allo stesso modo dei padri che li avevano promossi nel passato. Cercò quindi negli archivi i documenti sulle opere maggiori e minori, compiendo una parallela indagine sulle origini e sulla spiritualità dei primi frati dei Servi. Dette forma anche all’archivio storico del convento e organizzò eventi e convegni di alto livello, con relatori gli studiosi e i letterati più noti. Fondò nel 1971 la “Biblioteca della Provincia Toscana dei Servi di Maria” e dal 1983 dette nuova vita al Periodico “La SS. Annunziata di Firenze”.
Si disse sempre lieto di avere avuto la possibilità di rendere apprezzabile la bellezza e la religiosità della basilica tramite queste e altre edizioni della comunità, tra le quali vi fu pure una “Guida storico-artistica”, tradotta in più lingue.
Tra gli oggetti che teneva con orgoglio presso di sé, vi furono la raccolta di ex voto superstiti del Santuario, espressioni della devozione alla Madonna da parte della gente bisognosa, la collezione di fotografie delle copie pittoriche della Santa Immagine sparse in Italia e in Europa, il volumetto con gli articoli pubblicati a puntate tra 1960 e 1962 in “L’Addolorata” sotto il titolo “La ‘Domina nostra’ nelle chiese dell’Ordine”.
Resta da ricordare alla fine il buon cuore del p. Eugenio. Non sciolse con il passare degli anni il legame con la sua famiglia di origine e con i fratelli e i nipoti, che fin quando fu possibile, durante le vacanze estive, furono lieti di ospitarlo a Grosseto o a La Spezia. Né mancò l’attaccamento ai confratelli che lo ricambiarono, ne apprezzarono la mitezza e tennero in gran considerazione il suo costante lavoro.

Paola Ircani Menichini”.


Molto altro ci sarebbe da dire sul p. Eugenio, solo attingendo ai ricordi della collaborazione all’archivio del convento.
Ad esempio, sul suo grande rispetto per la SS. Annunziata, quando rammentava le trasmissioni radio dell’EIAR della Santa Messa della domenica orchestrata e cantata nel Santuario, mandate in onda con gran successo in tutta Italia prima della Seconda Guerra Mondiale e terminate dopo il conflitto.
Oppure quando prendeva atto con rammarico del passaggio dal 1947 del patronato della Toscana alla Madonna di Montenero e alla minore importanza culturale di Firenze, che non era più l’«Atene d’Italia» di Pierre Grosley e di un secolo prima.
Diceva però che i Servi di Maria e il Santuario avevano passato tempi peggiori e aveva mantenuto nel cuore la speranza di un ritorno dei momenti “gloriosi”, poiché tutto era (ed è) possibile al Signore.
Sempre sui cambiamenti del Novecento, ricordava i dubbi dopo le riforme del Concilio Vaticano II, passati i quali si era impegnato a riscoprire l’arte e la storia della SS. Annunziata e dell’Ordine. Un suo compagno d’intenzioni, fra i tanti, restando in ambito musicale, era stato il padre Valente Gori († 1999), che aveva ripreso le laudi medievali o rinascimentali e promosso concerti (il gruppo “Pro Musica”) e pubblicazioni.
Altri compagni di “avventura” e un aiuto erano stati gli amici laici devoti alla Vergine, come i professori Alessandro Parronchi, Guido Grossi, Arnaldo D’Addario, Francesco Mazzoni, le sorelle Bruscoli, per dirne alcuni.
E nello stesso tempo p. Eugenio non aveva mancato di aiutare e consigliare i giovani studenti per le loro tesi o i semplici appassionati di storia del Santuario e di Firenze.
Invece si amareggiò molto negli anni Duemila riguardo a delle pitture attribuite con risonanza mediatica mondiale a Leonardo da Vinci (il Maestro pittore si sarà rivoltato nella tomba a vedere tutte le opere che da allora gli hanno assegnato!) e di seguito a due lunette del convento riferite a Paolo Uccello. Ma, poiché, come disse, la SS. Annunziata aveva il suo Bollettino, poteva pure dire qualcosa riguardo ai suoi ambienti. E pubblicò l’attribuzione delle due lunette a Giovanni di Cornelio tedesco.

Per finire, un ultimo ricordo, piccolo e amabile: p. Eugenio riportava dai suoi viaggi delle piantine e le sistemava nei vasi del convento. Un potus presso una finestra con il tempo aveva decorato l’archivio. Salvia, ginepro, a volte pomodori, crescevano sul terrazzo vicino dove d’estate si arrampicava anche una ipomea dai fiori blu a fare ombra e bell’effetto.

Paola Ircani Menichini, 19 giugno 2021.
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